mercoledì 14 novembre 2012

Recit

(da uno dei tanti discorsi sulla differenza tra attore teatrale e cinematografico)

Lasciando da parte i geni, che tali sono e tali restano, ma sono rari e non possono far sistema... il discorso è bello complesso.
Dopo decine di chiacchierate sul tema, mi sono convinto che questo confronto tra attore cinematografico e teatrale è un nonsense, per il fatto stesso che troppi cinema (e troppi teatri) sarebbero da considerare come casi particolari, e quindi fuori dalla “regola”.
Anche restando tra gli autori che la critica considera “alti”, in uno stesso festival puoi trovare, magari celebrati con pari entusiasmo, l'ultimo lavoro di De Oliveira, pensato per il teatro da un testo teatrale e teatralmente messo in scena... e l'ultimo dei Dardenne, o di Mungiu, al pensiero dei quali un attore con esclusiva esperienza di palcoscenico non può che tremare.

Almeno una decina di volte ho sentito sminuire gli attori di cinema utilizzando la motivazione: “Prova a metterlo su un palcoscenico... non regge dieci minuti”. Mi hanno convinto sul fatto che l'attore teatrale è a tutti gli effetti un atleta, per come usa la voce, per come si muove sul palco e per come riesce a sopportare tutto questo per mesi di repliche. Ma dire che molti attori cinematografici non sono in grado di fare teatro è assolutamente irrilevante. E' come chiedere a un medico ayurvedico di farti una chemio.
Allora penso ad esempio a Elio Germano, di cui molti mi hanno parlato malino come interprete teatrale, ma che per me resta uno dei più grandi attori cinematografici Italiani contemporanei. Cannes e gusti a parte, credo che lo sia per tutte quelle specifiche che sono prerogativa stessa dell'esistenza di metà del cinema mondiale (quello dalla parte del realismo, ma non solo... basti pensare a Reygadas o, per gli americani, a Jarmush): dalla micromimica, al lavoro di sottrazione, all'interiorizzazione totale del personaggio e l'abilità di farlo affiorare scientificamente, ciak dopo ciak. Fino all'arte massima, per come la vedo io, di reggere non al confronto con un grande attore, ma con un vero albero, un'autentica fabbrica abbandonata, segnata dal tempo. Riuscire a muoversi nello spazio della cronaca, quando non del banale quotidiano, portando il proprio corpo e la propria anima su quello stesso piano. Quando questo avviene, qualsiasi “giocare” su un palcoscenico o il fingersi batman subiscono un drammatico ridimensionamento. Con questo non voglio stigmatizzare l'elemento spettacolare di cui io stesso mi nutro. Ma interpretare il cinema di cui sopra è altra cosa.