sabato 7 gennaio 2012

Per dio.

Al solito: se intendiamo "per dio" come moto per luogo, deve trattarsi comunque di bestemmia, perché presuppone qualcosa OLTRE dio ove recarsi (o da cui provenire).

Più familiare mi sembra intenderlo come stato in luogo.
La cosa è comprensibile solo a chi conosce davvero la vita di provincia. Un farsi un giro "per dio", che equivale a restare. Come a dire che puoi andare dove ti pare, cambia poco.
Ecco, quest'accezione ha a che fare con il distasera mio dispiacere per un mio amico, vittima dei fucili della RCA auto (intesa come Religione Cattolica Applicata senza alcun senso critico).
Anche perché potrei essere nella stessa situazione. Tutti, portando fuori un po' di dio, un po' di madonne, potremmo essere in quella situazione.
Poi avoglia a semafori.

Semplicemente, il peccato (che per i fascisti è la scurezza in volto ma non in camicia, per gli interisti Moggi, per Patrick Mattarelli il disordine, per Ubaldo Formica il nostro capodanno a casa sua) non è una buona discriminante tra i buoni e i cattivi. Non c'è polso. Non c'è incontro. Non c'è vita.
Altrimenti sarebbe come dire che una società può essere fondata sulla famiglia. Roba da matti. Già alla fine dell'atto sessuale resta una quantità infinitesima di sperma a fare il suo lavoro. Pensate quando arriviamo agli zii di terzo grado o ai cognati, quanto possiamo avere a che spartire.
La verità è che ci si incontra tutti i GIORNI, per vari motivi. Sarà il caso di tenere la testa alta e capire con chi veramente vogliamo passare i NOSTRI?